Lorenzo il Magnifico - Opera Omnia >>  Giacoppo




 

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È stato, come molti debbono sapere, a Siena sempre abondantia di nuovi pesci e buona quantità d'uomini grossi; non so se perché quella aria simili uomini naturalmente produca o se pure, havendo questo albero di principio cattivo seme havuto, è naturale cosa che faccia fructi simili al suo seme, et perché si dice quello è buono figliuolo che ben patrizza, non volendo e figliuoli forse fare vergogna a' padri, s'ingegnano fare portamenti da non parere bastardi.

Fu adunque non sono molti anni in Siena uno citadino chiamato Giacoppo Belanti, huomo d'età d'anni 40 incirca, d'assai buona ricchezza, ma un poco tondo di pelo; e fra l'altre sue venture, o vogliàn dire disaventure, havea una molto bella moglie: la quale cosa a Siena pare così naturale nelle donne, come negli huomini havere un poco dello sciocco e del borioso. Era questa sua donna d'età d'anni 25 incirca, e sì come all'altre belle donne adiviene, era da uno bello giovane vagheggiata. Havea la gentile donna nome Cassandra, e 'l giovane Francesco, di nazione fiorentino, el quale a Sie[na] lungo tempo a studio era stato e sempre della Cassandra inamorato; della quale cosa ragionevolmente dovea seguire che lei non meno bene a·llui volesse che esso a·llei, agiuntovi che Francesco bellissimo giovane era e lei horamai di tale età, che poteva conoscere el male dal bene e sapere oramai quello che può una donna sapere. Ché veramente quella è quella età nella quale è buono amare le donne, perché, quando elle hanno meno tempo, el più delle volte le tiene la vergogna e 'l poco animo, quando e[lle]no questa età passano, o che le pensino più oltre che non si conviene in simili casi o che sia mancato loro parte del caldo naturale, sono alquanto più fredde che non sarebbe el bisogno degli amanti.

Sendo adunque Francesco tanto tempo drieto a questa traccia stato, né per ancora potendo condurla alla rete, a nulla né dì né nocte pensare poteva, se non in che modo mettessi a effecto questo suo lungo desiderio; e quello che più passione gli dava, era che vedea non mancare se non el modo e la via, perché le parte erano assai ben disposte, imperò che la Cassandra gran ben gli volea, benché pure alquanto fusse questo suo amore raffrenato dalla paura dell'onore e non meno dalla ge[lo]sia di Giacoppo, el quale non altrimenti verso di lei si portava, che sogliono la più parte degli altri mariti fare che hanno belle donne. Le quali cose, tanto quanto più bella la Cassandra era, tanto meno volentieri conportava, vedendosi a uno ormai vecchio, né troppo bello di persona, né anche molto gagliardo in battaglia, maritata; e quello che più gli dava materia di cercare novi partiti era che mezzo scimunito lo conosceva: le quali ragioni erono sufficienti âccendere fuoco dove non fu mai carboni. E oltra di questo, molto naturale cosa è, havendo in electione da potere pigliare el bene e 'l male, più presto el ben pigliare; anzi, sarebbe suto pazza et da incantenare se 'l contradio havesse fatto. E veramente mi pare grande disaventura quella delle donne e grande vantaggio quello degli huomini, perché uno huomo, per da poco e tristo che sia, al torre donna sempre contentare si vorrà o non la torrà; una donna, sanza sapere che o come, stando a descretione d'altri, gli bisogna quello ch'egli ha torsi, per non havere peggio, e molte lodarsi di cose che sono cagione loro di mille morte per dì. Et però non maraviglia che degli errori ogni [dì] si scuoprino, che veramente si vorrebbe con altra discretione giudicarli che non si fa et scontarne loro 19 soldi per lira, per le ragioni sopradecte.

E per tornare al facto nostro, alla Cassandra e a Francesco niente altro che 'l potere mancava a contentarsi; la quale cosa era loro maggior vergogna, sendo, com'erano, perdenti, avendosi da uno scimunito solamente a guardare: benché Giacoppo, più tosto per sollecitudine che per molto intellecto, togliesse loro e modi e le vie da contentarsi. Havendo adunque Francesco più et più pensieri fatti, rifidatosi nella semplicità di Giacoppo, fece un tale disegno, come io vi dirò. Im prima fe' demostratione d'aver in tutto aband[on]ato l'amore di Cassandra; e stato in questa forma un tempo, per modo che già quasi Giacoppo con lui rasicurato s'era, finse un dì d'aver lettere da Firenze da certi suoi parenti, le quali contavano lui havere preso donna. La quale boce, fra' suoi compagni et amici prima spargendosi, in brieve, perché a Siena et amato e conosciuto era, per una gran parte si seppe; e infra gli altri, tornò agli orecchi di Giacoppo, el quale di questo più lieto che lungo era, perché gli parve in tutto essere assicurato della donna sua, credendo lui o si dovesse da Siena partire o levare el pensiero da quelle cose dove già l'avea hauto, come suole in alcuni fare el torre donna.

Stando sanza sospecto Giacoppo, accadde che Francesco cominciò a dire per niente non si volea partire, perché havendo insino allora studiato et durato fatica, non volea habbandonare l'opera quando era per dottorarsi; et però deliberava condurre la moglie a Siena e lì tenerla tanto che a bello agio havessi facto quello per che v'era venuto. E in su queste parole tolse una casa a pigione, non molto presso a Giacoppo, ma in luogo dove Giacoppo spesse volte passava, per ridurvisi con la moglie, perché non gl'era bastante la casa che prima teneva per lui e per la donna. Né molto tempo passò che disse volere venire a Firenze a farle le nozze et condurre la donna a Siena; et così fece. Per che, venutone a Firenze, andò a trovare una meretrice, di queste che fanno l'arte più honestamente ma non meno che·lle publiche, la qua[le] si chiamava la Meina et habitava in una contrada chiamata Borgo Stella, assai bella di viso e d'assai buona apparentia; et con lei rimase dargli un tanto ella andasse per un certo tempo con lui. La quale contentissima, lui acco[m]pagnata da honorevole compagnia, a Siena menò, dicendo quella essere la donna; et credendosi per ciascheduno così, fu molto dalle gentile donne sanese honorata et molte volte convitata. Lei, come quella che cattiva era e astuta, molto bene sapeva sotto un bello e donnesco habito le sue innumerabili macchie coprire, et molto honesta et di disonestà schifa si dimostrava. Et come quella che da Francesco era suta amaestrata quello dovessi fare, alcuna volta si stava alla finestra, la quale, come detto, riusciva sopra una via per la quale el nostro Giacoppo passava spesse volte, perché gl'era in comodità ad alcune sue faccende. Et trovando spesso costei al balcone, gliele venne per sua disaventura una volta guardata; la quale, faccendogli un buon viso et lui con lieta cera riguardando, gli fece venire, benché assai bene oltre di tempo fusse, voglia de' fichi fiori. Et cominciò seco medesimo a dire: «Et questa fia bella!, che Francesco m'abbi la mia donna tanto tempo vagheggiata et non sia stato da tanto che mai la gli abbia fatto un buon viso, sendo giovane et bello come egli è; et io, così vecchio come io sono, in capo di sì poco tempo già truovo con costei credito. Egli ha viso d'intervenire a Francesco come al cane di Mainardo, che assaliva per mordere et era lui el primo morso!». Et non meno da boria che d'amore mosso, cominciò a spessegiare le volte; et trovando ogni [dì] el terreno meglio disposto, si vantava spesso in un cerchio di giovani, dicendo: - L'effetto si è che l'arte è pure de' vecchi. Voi vi state tutto el tempo della vita vostra a vagheggiare et mai non conchiuderesti nulla; a me, così vecchio come voi mi vedete, da poco tempo in qua è venuta una certa ventura, che ognuno di voi comperrebbe una gran cosa! Et basti -.

Né con tutte queste parole sapeva trovare modo o via per venire a confitemini. Tanto che uno dì, non venendo da·llui, bisogniò la Bartolomea (ché così, per honestà e per non essere conosciuta, si faceva chiama[re]) gli mandasse per una suo fante una lettera, nella quale gli diceva che lei moriva per lui et che per Dio l'aiutasse, ché dubitava non l'avessi amaliata; della quale cosa Giacoppo, non potendo stare in sé per la letitia, gli fece risposta sciocca come lui. Et non v'andò molto tempo in mezzo che lei, dimostrand[o] prima difficultà grandissima a fare la faccenda, gli dette per una sera la posta, dicendo Francesco s'era ito a stare con uno suo compagno sanese a un[a] certa possessione.

Venuto la sera, la quale parve a Giacoppo che penassi a venire mille anni, fatto el cenno datogli, Giacoppo si ritrovò in casa. La Bartolomea, non lasciando nessuna di quelle parte indrieto che suole fare chi è da uno grandissimo amore acceso, lo condusse in una camera et misselo sotto il letto, dicendo che bisogna vi stesse tanto che lei mandasse a dormire una certa fante, perché volea le cose andassino segrete. Et lui così fece; là dove stette circa due ore et mezzo. Dipoi, tornata la Bartolomea a·llui, mostrò molto gli rincrescesse el suo disagio, et ch'egli avessi patientia. E stando insieme, dicendo che faceva per amorevolezza, quando gli grafiava el viso, quando gli stralunava uno occhio, talora in modo lo mordeva che rimaneva el segno. E lui, credendo che così facessino gl'innamorati, non solamente cheto et patiente si stava, ma gli pareva toccare el cielo col dito. Venendo poi alla conclusione per che tanto si vagheggia e tanta fatica durono gli amanti, lui, come vecchio, pure sforzandosi, a gran fatica et con grande affanno si condusse dove volea andare, etc. Lei, faccendo vista di maravigliarsi che in quella età facessi sì bona prova, faceva che 'l poveretto si metteva a morire et fare quello che per nulla in lui pareva possibile. Et in conclusione, tornando a casa che più morto che vivo era, tutto percosso e pericolato, parendogli venire di paradiso, havea un'altra battaglia a fare con la moglie; et bisognavali, per giustificarsi, fare quello in una sera che in uno anno, a un altro tempo, gli era non difficile, ma impossibile.

La Bartolomea, amaestrata da Francesco, non volendo che 'l giuoco gli mancassi fra·lle mani, cominciò a riguardarlo; et benché spesso vi venisse non faceva altro se non che molto bene graffiato et morso a casa si tornava. Et così molte et molte volte fece et molti mesi durò questa pratica, non meno bella in parole che in fatti, perché lui, da propria boria mosso, non faceva se non vantarsi o con giovani o con vecchi di questa sua felicità, non sappiendo che tesseva la rete nella quale havea lui a rimanere preso.

Imperò che, sendo uno buon tempo state così le cose, venne el tempo della quaresima, nel quale la Bartolomea pregò Giacoppo che gli facessi feria, tanto almeno che passassino que' dì sancti, et che era tempo a attendere all'anima, benché gli paressi duro haver a stare un pezzo senza lui; le quali parole mossono Giacoppo a irsi a confessare e rendersi in colpa de' peccati suoi. Era el suo confessoro un frate di san Francesco, chiamato frate Antonio della Marca, col quale Francesco s'era prima composto, sappiendo che confessava Giacoppo, di quanto havea a fare; el quale, benché frate fusse, stimando delle sette opere della misericordia soccorrere gl'afflicti et volendo quello proverbio fare vero che dice che non si fa trappole o tradimenti che non vi sia frati di questo ordine, sanza molta difficultà havea a' prieghi di Francesco acconsentito.

Venendo adunque alli suoi piedi Giacoppo per confessarsi, lui, come soleva, lo cominciò a domandare; et venendo al peccato della luxuria, Giacoppo questo suo caso avenutogli con la moglie di Francesco secondo che lui credeva gli cominciò a narrare. A che il frate si fermò e disse: - Oimè, Giacoppo, come hanno potuto in te tanto le diaboliche tentazioni, che tu ti sia condotto a questo peccato inremissibile, el quale per niente nonn-è in mia auctorità, né del papa o di san Piero, se risuscitassi, di potertene absolvere? - Disse Giacoppo: - O, io v'ho sentito dire che non è sì grande peccato che non si possi absolvere! - A questo rispuose frate Antonio: - Egl'è vero, ma e' bisogna fare una cosa ch'io so che tu non faresti mai -. Disse Giacoppo: - Per salvare l'anima e' non è cosa ch'io non facessi, insino a vendere me et mogliama! - Disse frate Antonio: - Se tu se' di cotesta opinione, io te lo dirò; ma a me pare essere certo che tu me lo prometterai e non me lo atterrai -. Disse Giacoppo: - Voi mi fate maravigliare di voi! Io amo più l'anima mia che cosa di questo mondo! - Disse frate Antonio: - Ombè, io te lo dirò. Non ha' tu sentito dire che il peccato della infamia e delle cose che l'uomo tiene contro a ragione non si può perdonare sanza ristituirle? Così è questo; ché, avendo tolto l'onore a quella giovane e al marito, questo peccato è inremissibile se tu non gliene rendi; et non gliene puoi rendere, se tu non meni il marito suo o, s'ella non ha marito, el più presso parente ch'egl'abbia, tante volte a starsi con la donna tua, se tu·ll'hai, se non, con la più presso parente che tu abbia, quante tu se' ito a starti con la sua. E' si legge, quando Dàviti comisse il peccato dell'adulterio, che misse la moglie a quello che lui aveva messo quell'altra et così gli fu perdonato: sì che vedi quello che tu hai a fare -.

Giacoppo, udendo le parole del sacerdote, gli parve haver mal fatto et disse seco medesimo: «Veggo oggimai che 'l can di Mainardo sarò io!». Poi, voltosi al frate, disse: - Padre spirituale, benché molto difficile mi paia, pure io debbo amare più l'anima mia che altra cosa di questo mo[n]do, et non me ne debbo pun[to] vergognare, havendolo anche fatto Davìtte, che fu re, et io sono cittadi[no] di Siena. Sì che in ogni modo prima voglio salvare l'anima mia che fare altro -. El frate, udendo le sante parole di Giacoppo, sanza dire altro l'abbracciò et baciò in fronte; e tenutolo un poco, disse: - Figliuolmi spiritale, io veggo che la gratia di Dio t'ha·lluminato, e veggoti andare per camino che ci riuscirà el pensiero: che sia tu per mille volte benedetto! Io veggo oggimai che·lla cosa andrà bene: che ringraziato ne sia el Salvatore! Avisandoti che questo peccato è sì grande, che con tutto questo sanza particulare potentia non si può absolvere, et però io deliberato che tu vada insino a Roma per satisfatione di questo e degl'altri tuoi peccati. E a questo modo si va nella gloria di vita etterna et passasi lietamente questa vita! Sì che va, figliuolo benedetto, et metti a execuzione quello che m'hai promesso -. Et detteli la sua benedictione.

Giacoppo, levatosi da' piedi del sacerdote, tutto pieno di pensieri si tornò a casa. Et faccendo seco medesimo gran dispute, pure alfine, vinto dalla conscientia, diliberò andare a trovare Francesco per restituirgli l'onore. Dove gli nacque un'altra difficultà, et questo è che non sapeva in che modo dire questo fatto a Francesco che non portassi gran pericolo; pure, parendoli havere trovato un modo da salvarsi, et vincto dalla conscientia, et parendoli, sendo a' dì santi, potere fare più sicuramente che altro tempo, un dì con queste parole l'andò a trovare: - Francesco, io t'ho amato sempre come figliuolo, che per l'età potresti essere. Ora, el peccato m'ha condotto a fare cosa di che assai mi pento; et priego te che, perdonandomelo Iddio, che ancora me lo vogli perdonare, e inanzi che più oltre ti dica promettermi et giurare di non me n'offendere, ma per la passione del nostro Signore dimenticare una ingiuria la quale io t'ho fatto -. Disse Francesco: - Io v'ho sempre havuto in reverentia come padre; et quando bene voi m'avessi morto il padre, prima per amore di Dio rispetto al tempo in che noi siamo, dipoi per amore vostro, io vi prometto sopra la fede mia perdonarvi ogni offesa che voi m'avessi fatta -. Giacoppo, gittatosili a' piedi, disse: - Io non te lo dirò mai se no in ginocchioni -. Francesco, fattolo a gran fatica su levare, cominciò a stare a udire quello che lui molto meglio che ['l] dicitore sapeva. Et detto che ebbe con molte lacrime, Francesco, mostrandosi tutto turbato, disse: - Voi havesti buona avertenza a farvi dare la mia fede, perché, se quello non fusse, inanzi che da voi mi fussi partito harei fatto cosa la quale né a voi né a quella puttana della donna mia, né a me anche, dopo el fatto, sare' piaciuto. Ma io voglio meglio all'anima mia che voi a me non havete voluto; et da ora ogni cosa, in poche parole, vi perdono. Et levatemivi d'inanzi! -

Giacoppo, non parendo haver fatto poco disse: - E' bisogna che tu mi stia a udire quattro parole e che m'aiuti questo peccato perdonare da Dio -; et sogiunse che bisognava lui s' andasse a stare con la donna sua. A che rispose Francesco: - Questo non v'ho io promesso. Io non voglio essere come voi un tristo e un traditore; basta bene s'io v'ho sì grande ingiuria perdonata. Et non me ne ragionate, ch'io non ne voglio udire nulla, et di nuovo vi dico voi mi vi leviate d'inanzi, per meno inconveniente -.

Giacoppo, havendo di peggio paura, si levò di quivi et ritornossi al frate; al quale detto come el fatto era passato, e venendo alla parte che Francesco per nulla non volea udire ragionare dell'andare a starsi con la donna, disse el frate: - O tu, non hai fatto nulla!, perché bisogna che tu in questo modo gli ristituisca l'onore; altrimenti è come se niente havessi fatto -. Giacoppo, non sappiendo in che modo tornare inanzi a Francesco, disse al frate: - E' fia forse meglio che voi mandate un poco per lui, e io ci sarò alla presentia, e dategli a intendere come e' non è peccato, e forse a voi e' consentirà quello che non ha voluto a me acconsentire -. Disse el frate: - Questo è buono partito; ma io non lo conosco: io ti darò un mio fraticello, tu gliene mosterrai da·llungi, et così non parrà ch'io mandi per lui per questo -.

Rimasti in questa conclusione, Giacoppo si partì col fraticello, al quale mostrò Francesco, e 'l fraticello gli fe' l'ambasciata. Francesco, sanza altra dimostratione alla chiesa venuto, trovò el frate in una certa saletta inanzi alla cella sua; et fatto vista di fare con lui gran romore, insieme un pezzo di questo gabbo risono. Dipoi, chiamato Giacoppo, el frate disse a Francesco: - E' bisogna in ogni modo che tu consoli questo poverello di Giacoppo, non per suo amore, perché lui non lo merita, ma per amore di Giesù, el quale anche a·tte farà gratia et non t'imputerà a peccato quello che tu fai per amore del suo nome. E io te ne resterò obligato con Giacoppo -. Et con queste parole Giacoppo, gittatosigli a' piedi, di gratia comincia a chiedere a Francesco che vada a starsi con la moglie. Francesco, fingendo per tenerezza lacrymare, disse: - Orsù, io sono contento; et voglio a·dDio fare di questa ingiuria et di questa gratia la quale ti concedo uno presente, et per suo amore fare quello di che mi richiedete, benché molto duro rispetto alla conscientia mia mi paia -.

Giacoppo, tutto della risposta contento, cominciò in un altro dubbio a entrare, et questo è come havea a fare contenta la donna. Pure rifidandosi della donna potere quanto voleva disporre, a casa se n'andò. E parvegli havere trovato una bella malitia a diventare becco: e questo è che, come egli entrò in casa, cominciò a fare un crudel pianto, a ciò che la donna havessi cagione domandarlo perché piagnea. La qual cosa, secondo che disegnò, a punto gli riuscì, ch'ella molto instantemente cominciò a domandarlo della cagione di tante lacryme; alla quale Giacoppo: - Io piango ch'io n'ho ragione, et questo è ch'io sono dannato et non posso salvare l'anima -. La donna, amaestrata del fatto, cominciò più forte a piangere e disse: - Oimè, o com'è così? Che hai tu fatto? O che non c'egli rimedio alcuno? - Disse el marito: - Sì, ma è molto difficile a farlo -. A che la Cassandra rispuose: - Perché non lo di' tu? E se fia cosa che si possa fare, faremola! - Disse Giacoppo: - Io te lo dirò: a·tte sta el fare ch'io sia salvo o dannato -, e cominciògli a dire el caso. Et venendo alla parte di quello che fare a·llei bisognava, ella si mostrò molto brusca; et, abreviando, bisognò che di gratia da·llei in ginocchioni impetrassi questa gratia. Et poi che l'ebbe fatta contenta, se n'ando, per più presto potere essere absoluto, a Francesco, et disse: - Stasera fia tempo. Verrai a cena meco e poi, col nome di Dio, comincerai âiutarmi sodisfare questo gran peccato -. Francesco, più che mai lieto, dimostrò nel viso havere questo per cattiva novella e gittòli questa sua andata in barbagratia; né per questo però fu che non gli paressi mille anni che venisse la sera.

La qual venuta, lui a casa di Giacoppo se n'andò, dove, molto abondantemente cenato, lasciando Giacoppo in sala, con la sua tanto desiderata Cassandra in camera et poi nel letto se n'andò; et debbe ognun pensare che altrimenti andorono le cose che non erono ite quelle di Giacoppo con la Bartolomea. Fu dipoi necessario, per satisfare a quello resto de' peccati, che più et più volte vi tornassi; e perché dipoi Giacoppo andò, sì come ordinato gli fu dal frate, per penitentia a Roma, rade notte di quelle furono che Francesco con la Cassandra non si trovasse. Et così finirono e·loro lungo amore: che a·dDio piaccia dare a noi del nostro el medesimo fine.


EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Tutte le opere - Lorenzo de' Medici", a cura di Paolo Orvieto, Salerno editrice, Roma, 1992







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